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La Storia

LA STORIA
(Dalla Monografia di Damiano Pipino)


Albano ed il feudalesimo

Del periodo medioevale non si conservano altri ricordi notevoli di storia di Albano. Senza dubbio ha subito un po’ le sorti di tutti i paesi d’ Italia meridionale durante il susseguirsi delle diverse dominazioni straniere.
Nel 1430 la Regina Giovanna II investì Antonio Sanseverino, per morte di Ruggiero suo padre, quale feudatario di Tricarico, Craco, Senise, Castronuovo, Turchio, ecc. Si trova nei documenti che nel 1449 il medesimo Antonio possiede pure Albano di Lucania, che, in seguito, unitamente a molti altri feudi, lo donò a Luca, suo primogenito. Nel 1606 il feudo di Albano e quello di Brindisi di Montagna furono venduti al Dott. Ovidio d’Esars Alvario per ducati 32.500. Nel 1610, ad istanza dei creditori di questo Dott. Ovidio furono venduti per ducati 17.010. Nel 1625 il feudo di Albano venne acquistato da Francescantonio Parisi, che nel 1669 lo cedette a suo figlio Dott. Ferrante. In seguito e per ultimo il paese appartenne alla famiglia Ruggiero, col titolo di Ducato.
Durante il primo secolo del dominio dei feudatari sunnominati gli Albanesi vennero tassati per fuochi (famiglie) nella seguente misura: nel 1582 per ducati 279; nel 1545 per 394; nel 1561 per 388, nel 1595 per 480; nel 1648 per 300 e nel 1669 per 349. Oltre a ciò quella povera gente doveva offrire ogni sorta di primizie a quei "signori" feudatari, i quali riuscirono, a tenere sottoposta la popolazione, in gran parte costituita di contadini e pastori, sfruttandola al massimo e la conservarono ignorante e abbrutita. Ma i cittadini di Albano, per la loro particolare sensibilità, non sopportarono sempre tale stato di cose, Infatti dopo il 1800, cioè al tempo del Duca Ruggiero, avvenne un fatto nuovo. Si dice che costui rese agli Albanesi la vita impossibile a tal punto che essi, diretti clandestinamente dalla classe intellettuale, reagirono violentemente tagliando le gambe ai buoi del Duca. Quest’ultimo chiese l’immediato intervento di un sovrintendente del regno di Napoli, al sopraggiungere del quale, gli Albanesi incriminati si finsero pazzi e sfuggirono così ai rigori della legge. Dopo questo episodio il Duca abbandonò il paese. Questi cittadini riebbero la libertà, ma rimase loro il nomignolo di "Albanesi pacci". A documentarne il fatto dovrebbe esistere ancora una lapide nei pressi di porta Capuana a Napoli.


Albano nel risorgimento

I cittadini di Albano, una volta liberatisi dai residui, del feudalesimo, presero maggior coraggio e mirarono a più alte mete politiche, anche perché sapevano che, se non lo avessero fatto, prima o poi, la micidiale sferza borbonica avrebbe imposto loro altri "padroni". Pertanto molti eminenti cittadini si iscrissero e fecero parte della ormai , diffusa ma perseguita setta dei Carbonari. Ognuno di essi era conscio del grave rischio cui andava incontro, ma nessuno desistette, nonostante che il numero dei Martiri della libertà d’Italia aumentasse ovunque di giorno in giorno, per opera della reazione.
Questi cittadini parteciparono tanto ai moti del 1820 quanto a quelli del 1848, riuscendo abilmente o fortunosamente ad evitare il patibolo. Tuttavia, molti di essi subirono severe condanne. I più noti sono:
Francesco Ciarletta il 10 maggio 1851 condannato ad anni 12 di ferri per complicità secondaria, ecc. Con decreto del 6ottobre di detto anno gli furono condonati anni 6;
Gerardo Ciarletta il 10 maggio 1851 condannato ad anni 7 di ferri, per complicità secondaria, ecc. Con decreto del 6 ottobre di detto anno gli fu ridotta la pena alla metà;
Nicola De Grazia il 10 maggio 1851 condannato ad anni 7 di ferri. Con decreto del 6 ottobre di detto anno gli fu ridotta la pena alla metà. Nota di polizia: "nel 1820 figurò come legionario (2), nel 1848 firmò una lista di sottoscritti volontari pronti a partire per Potenza contro le regie truppe";
Gerardo La Rotonda il 31 agosto 1853 condannato ad anni 7 di ferri per complicità secondaria. Con decreto del 16 ottobre di detto anno gli venne commutata la pena in relegazione. Morì nell’ isola di Ventotene in tempo del colera del ‘54;
Vito Matera, arciprete, il 10 maggio 1851 condannato ad anni 8 di ferri per complicità, ecc. Con decreto del 6 ottobre di detto anno gli fu ridotta la pena alla metà;
Epifanio Matera il 10 maggio 1851 condannato ad anni 8 di ferri per complicità, ecc. Con decreto del 6 ottobre di detto anno gli fu ridotta la pena alla metà;
Giacomo Molfese, prete, il 10 maggio 1851 condannato ad anni 10 di ferri, per complicità, ecc. Con decreto del 6 ottobre di detto anno gli fu ridotta la pena alla metà;
Giuseppe Molinari il 10 maggio 1851 condannato ad anni 8 di ferri per complicità, ecc. Con decreto del 6 ottobre di detto anno gli fu ridotta la pena alla metà;
Giuseppe Molfese, prete, il 10 maggio 1851 condannato ad anni 7 di ferri, per complicità, ecc. Con decreto del 6 ottobre di detto anno gli fu ridotta la pena alla metà.
Altri uomini politici che patirono il carcere furono:
Celestino Ciuzio, farmacista, e scarcerato il 10 aprile 1850;
Arcangelo La Rotonda, escarcerato 1’8 aprile 1850;
Michele La Rotonda, escarcerato il 3 febbraio 1853, libertà provvisoria;
Vito Matera, escarcerato il 17 agosto 1850;
Gennaro Netri, escarcerato 1’8 aprile 1850;
Luigi Sarli, escarcerato il 30 giugno 1851, libertà provvisoria.
Inoltre, Giuseppe De Grazia pare che fosse il più attivo propagandista di idee liberali ed onorò la Patria in latitanza. Infatti, fu condannato in contumacia ad anni 19 di ferri ma sfuggì sempre alla cattura da parte dei gendarmi. Alla testa di un numeroso gruppo di volontari Albanesi nell’agosto 1860 partecipò alla cacciata delle truppe borboniche da Potenza. Dopo di che si arruolò fra le file dell’esercito di Garibaldi che andò ad incontrare, pare, nel luogo dove è ora lo scalo ferroviario di Albano.


Albano ed il brigantaggio

Al glorioso 1860 seguirono in Lucania alcuni anni funestati dal fenomeno del brigantaggio che prese grandi dimensioni e tenne sotto il terrore molti paesi della regione.
Le bande di briganti erano costituite da simpatizzanti del cessato regime, da sbandati dell’esercito borbonico e disertori di quello di Vittorio Emanuele II. Un grande gruppo (oltre duemila), capeggiato da Carmine Crocco, elevato al grado di generale da S.M. Francesco II, ultimo Re di Napoli, e dai suoi luogotenenti Ninconanco, Coppa e Caruso, prese stabile stanza nel Melfese. A questo gruppo si affiancò quello, non meno grande, del generale spagnolo José Bories, ma l'accordo fra i due gruppi di fuorilegge non durò a lungo, perché, mentre i briganti di Bories miravano a far sollevare l’intera regione contro i Savoia, quelli di Crocco, pur proclamando le stesse finalità, rubavano, saccheggiavano ed uccidevano per mandato o per vendetta. Profittando di tale stato di cose, parecchi delinquenti comuni, un po’ ovunque, si improvvisarano briganti costituendosi una propria banda armata con la quale sparsero terrore e morte. Infatti, oltre alla “banda di Crocco e quella di Bories, molti fatti di sangue furono attribuiti a quelle dei briganti Caschetta, Vendepane, Angerame, Franco, Cavalcante, Castronuovo, Masino, Canosa, D'Ambrosio e Serravalle.
In Albano di Lucania non risultano avvenuti misfatti commessi all’epoca dai briganti, anche se in località Castellaro esiste ancora una tana che, oggi, viene indicata come quella in cui visse e si nascose il brigante Serravalle.
Tuttavia, gli Albanesi vissero molti giorni di paura, se non altro, per i seguenti fatti di sangue che si verificarono nei comuni limitrofi:
- 10 maggio 1861 in S. Chirico Nuovo vengono uccisi Nicola Lacava di quel comune e Luigi Sico di Tolve;
- 3 novembre 1861 la banda di Borjes invade Trivigno ed uccide Giovanni Guarini e sua madre, che difendeva con le armi il paese. I coniugi Michele Perrone e Teresa De Stefano furono spenti fra sevizie. Domenico Sassano fu bruciato vivo. Pasquale Volino venne posto a lenta morte;
- 16 novembre 1861 la stessa banda invase Vaglio di Lucania e uccise i fratelli Francesco e Rocco De Mattia, Domenico Tamburrino, Giuseppe Iannelli, Faustino Saponara, Rocco e Filomena D'Anzi;
- 20 agosto 1862 in tenimento di Tricarico la banda Cavalcante uccise Girolamo Macchi, milite dei Reali Carabinieri (si racconta che fu esattamente in località Tre Cancelli, ove i briganti vennero sorpresi ed attaccati dai Carabinieri. Il posto è tutt’oggi indicato da un "cippo");
- 2 settembre 1862 Paolo Darino di Castronuovo venne preso e trascinato nel bosco di Brindisi di Montagna dalla banda Castronuovo e colà posto sul rogo. Infastiditi gli assassini di quella lenta morte lo finirono a fucilate.


Albano ed i caduti per la grandezza d'Italia

Unificata l’Italia, ridotto all’impotenza il brigantaggio, i cittadini di Albano si preparano ad assaporare il tanto atteso benessere. Ma sfortunati come tutti i Lucani, forse solo per la ingrata natura del luogo, restano delusi, isolati e dimenticati. Tuttavia restano fiduciosi ed ossequienti alla Sovranità dello Stato e, all’occorrenza, rispondono: «Presente!» all’appello della Patria.
Alla prima guerra mondiale, infatti, Albano di Lucania partecipò con molti suoi giovani cittadini, di cui ben 48 caddero eroicamente. A questi si aggiungono altri 23 caduti nelle guerre successive fino al 1947. Alla Loro memoria è stato innalzato un monumento in piazza Umberto I. I loro nomi, che con rispettoso ossequio qui di seguito si elencano, oltre che sul monumento, si leggono sulle targhette metalliche appese agli alberi votivi del Parco della Rimembranza (località Monte), per interessamento ed a cura del Col. Giuseppe De Grazia. Gli stessi nomi, infine, si possono sempre leggere nei cuori dei cittadini di Albano nei quali sono sempre impressi e vivi.



Caduti e dispersi nella guerra 1915-1918

Asp. Uff. ARMENTO Francesco
S. Ten. BOLLETTINO Prospero
S. Ten. MENONNA Guglielmo
Cap.le CANZONIERO Rocco
Cap.le GARRAMONE Antonio
ADAMO Giovanni
ALLEGRETTI Giovanni
ALLEGRETTI Nicola
ANGERAME Rocco
BOLLETTINO Vito
CARBONE Vito
COPPOLA Giovanni
D’ANZI Giuseppe
DE FEIS Giuseppe
DE FEIS Nicola
DE GRAZIA Canio
DE IULIS Lorenzo
DI PERNA Salvatore
ELEFANTE’ Giuseppe
FALOTICO Salvatore
FUSILLO Giuseppe
FUSILLO Vito
GARRAMONE Giuseppe
GENTILE Vito
GIORGIO Giovanni
GIORGIO Vito
GIURA Francesco
GIURA Giovanni
GIURA Giuseppe
GIURA Prospero
GIURA Salvatore
GUARINO Rocco
GUARINO Rocco fu In.
LENCE Michele
LORENZO Michele
LORENZO Vito
MOLFESE Michele
MONA Antonio
MONA Giovanni
PADULA Giovanni
PERRONE Rocco
RAGGIO Cesare
RUBINO Rocco
SAMMAURO Lorenzo
SPINELLI Giuseppe
TAMMONE Vito
TRIVIGNO Vito
VALENZANO Antonio


Caduti e dispersi nelle guerre successive

ANGERAME Domenico
ANGERAME Salvatore
BELDI Fracesco
BLESCE Rocco
BOLLETTINO Rocco
BRINDISI Rocco
CIOFFREDI Rocco
CIVITA Rocco
DE FEIS Alessandro
DE GRAZIA Angelo
GARRAMONE Bonaventura
GIROLAMO Canio
GIURA Prospero
LACOVARA Pancrazio
LOMBARDI Giuseppe
LORENZO Giovanni
MOLFESE Luca
MOLINARI Rocco
MOLINARI Giuseppe
PERRONE Felice
ROTUNNO Michele
RUSSO Prospero
SANTAMARIA Giuseppe