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Il matrimonio

(Dalla Monografia di Damiano Pipino)

Ancora oggi, la gran parte dei giovani d’Albano giunge al matrimonio consigliata da familiari. Essa assolve a questo precetto con tutto l’entusiasmo ed adopera ogni, altro accorgimento e cura necessari a creare una nuova e buona famiglia. Il matrimonio, quindi, è ritenuto tuttora in un atto decisivo della vita e quasi una consacrazione della santità della vita, della prosperità, della bellezza. Il giovane è molto orgoglioso di condurre all’altare prima e poi per le vie del paese la sua sposa vestita di bianco accompagnati da un lungo corteo di parenti ed amici. La donna è altrettanto fiera di poter dare, con questo simbolo di castità, una grande soddisfazione a Dio, ai parenti ed ai paesani tutti. Quest’impegno di purezza i giovani lo assumono sin da quando si esprimono reciprocamente, per la prima volta, il sentimento di simpatia, anche se ciò, a volte, avviene in povere ed assurde circostanze in cui il fatto, col codice penale alla mano, potrebbe sembrare un tentato reato contro la libertà sessuale. Ciò dimostra in quale alta considerazione è tenuto il significato della "verginità", nonostante che la evoluzione dei costumi, in altri luoghi, abbia distrutto questa e ben altre virtù. La verginità è considerata come una dote d’onore che si tramanda da madre in figlia quasi come un onorato biglietto da visita col quale le giovani possono presentarsi a testa alta innanzi alla società.
Accade raramente che due fidanzati "scappino di casa", come si dice. In questi casi essi vengono odiati da parenti ed amici e per molto tempo. Tale fatto, considerato molto grave, prima che alle autorità delegate ad unire i due giovani in matrimonio, quali il Sindaco ed il Prete, di solito, viene riferito al comandante della locale stazione dei carabinieri. Colui che lo va a riferire normalmente incomincia col dire: «Cumandà, chidd’ duie si l’sò màgnat’ i vierm’» (comandà, quei due se li sono mangiati i vermi), per dire che hanno consumato il matrimonio anzitempo! A questo punto, il comandante della stazione deve mettere da parte i codici ed ogni altra disposizione di legge, ed operare col cuore ed il buon senso, facendo da padre, da intermediario e quant’altro occorra per far si che i giovani si sposino e torni la pace nelle rispettive famiglie, offese ed ostinate nella loro avversione reciproca.