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La superstizione

(Dalla Monografia di Damiano Pipino)

Come un po’ tutti i popoli meno emancipati anche quello di Albano di Lucania è stato vittima di questa vana credenza, man mano diminuita con l’avanzare del progresso.
Fino a non molti anni fa parecchi credevano ciecamente alla esistenza del lupomannaro, agli spiriti maligni o benigni o soltanto giocherelloni, quali "u munacidd’" (piccolo monaco). Quest’ultimo, si dice, appariva sotto le parvenze di uno gnomo o folletto col cappellino rosso in testa e faceva molti dispetti: solleticava i piedi, tirava pizzicotti, nascondeva o cambiava posto agli oggetti in casa, indicava posti ove erano nascosti tesori, ecc. Si dava per certo che se qualcuno riusciva a prendergli il cappellino e "u munacidd’" piangeva e, per riaverlo, si lasciava persino ricattare. Inoltre, si credeva agli spiriti maligni che apparivano sotto forma di capre, cani, maiali, ecc., che assumevano grandi dimensioni e sparivano non appena la vittima invocasse Iddio o qualche Santo.
Qualcosa di più preoccupante e persistente è stata l’opera dei "fattucchieri" (maghi), tutt’oggi considerata valida. Questi personaggi erano temuti e venerati nello stesso tempo, per via dei loro "filtri". Avevano potere di vita e di morte a seconda la richiesta del cliente. L’ultimo mago noto nella zona è stato tale "Zi Giusepp’", da Castelmezzano, detto "Ferramosca", il quale; si dice, era un bell’uomo ed aveva anche la virtù di "curare" le giovani donne da mali misteriosi di cui erano affette. Dette pazienti rimanevano in casa del miracoloso "Zi Giusepp’" e assieme a lui consumavano le vivande prelibate che dovevano portarsi, dopo di che tornavano alle proprie case completamente guarite. Ma anche questo è stato in un certo modo superato. Tuttavia, ancora oggi, molti del popolino credono di curare alcune malattie, dalle quali sono colpiti frequentemente, mediante scongiuri - orazioni, trasfèrendo così l’opera magica nella religione. In questo caso vengono invocati i Santi ritenuti quasi specialisti della malattia. In proposito si elencano, qui di seguito, una buona parte dei casi per i quali, secondo loro, non vi sia terapia più efficace, della "orazione" (così la chiamano):
Per "u malocchio" (cefalea), posando la mano destra prima su di un occhio, poi sull’altro e poi sulla fronte del paziente, si dice:

"Uocch d’ure ch’ t’à d’ucchiat’, tre Sant t’ann’ aiutat’ u Padr’, u Figliuol’ e u Spirit’ Sant’, sta d’ucchiatur’ nunn’an aggì ‘nant’. Io t’ tocco e Dio t’ sana su sta carn’ battezzat’. Fugg’ legn trist' ca t’ caccia Gisé Crist’".

Segue un Padre nostro ed un’Ave Maria. Si ripete per tre volte.
Per "a risibl’" (eresipela), posando la mano sulla parte affetta del male, si dice:

"Sant’Erisabia si rossa cumm’ a na rosa e pung’ cumma a na spina; numm’ tucqua cu pann’ d’ lana e no cu frunn’ d’auliv’, Gisé Crist’ e sant’ Nicola si jè risibl’ innzala fora. Sant’ Rocc’ la sua prighiera fugg’ la risibl’, fugg’ la risibl’. Nun turnà cchiu qua in nom’ d’ Padr’, d’ Fili noi’ e d’ Spirit’ Sant’, scafugg’ sta brutta fruschcula d’ nanzi".

Segue il Credo. Va recitata tre volte e prima del sorgere del sole o al tramontare di esso, altrimenti l’effetto sarà contrario.
Per "i vierm" (elmirudiosi), posando la mano destra sul ventre del paziente, si dice:

"Lunedì sant’, martedì sant’, mercoledì sant’, giovedì sant’, venerdì sant’, sabat’ sant’, dumenica e Pasqua e u verm’ nterra casca".

Segue un Padre nostro, un’Ave Maria ed un Gloria Padre.
Per "u cuut’" (scottatura), si passa qualcosa d’argento sulla ferita, poi si mette un po’ di melma raccolta sulla strada sopra alla ferita stessa e si dice:

"Ciel’ pint’, mare tint’, carn’ scura e carn’ cotta divent’ cruda. U ciel’ t’è supale, u mar’ p’ cunfin’ e a carn’ diventa fin’".

Segue un Padre nostro e un Gloria al Padre.
Per "u mal’ d’spalle" (dolore di spalle dovuto a freddezza, strappi muscolari, ecc.). Si soffrigge della ruta nell’olio poi detto olio si spalma sulle spalle e si dice:

"Ruta mia rut’ addù stai surd’ e muta, ii ti veng’ a salutà addunca t’ mett’ adda fa sanar’".

Segue un Padre nostro, un’Ave Maria ed un Gloria al Padre, Dopo si copre la parte con un panno di lana.
Per "u pil’ alla menn’" (mastite), si dice:

"Simm’ ggiut’ all’acqua a funtan’ e l’aggia acchiat’ a Sant Bastian’, tre palme d’ mus’ e tre palm’ d’ nas’ amm’ ridut’ e surridut’ e ebbe di me v’at’ faciut’; vuli calà nu triz’ e vuli ggé mt’ a vostra zizza. So turnat’ a’ ‘ggé alla funtan amm’ ridut’ e surridut’, ma abbe d’ te nun’amm. faciut’, voli salì nu trizz’ ‘nta li vostr’ trezz’".

Segue un Padre nostro, un’Ave Maria ed un Gloria al Padre. Dopo la paziente deve portare attaccato all’ indumento che copre il petto "a gorg du ricc’" (osso della mascella del riccio), altrimenti ricade nella malattia.
Per "a scocchiacani", (distrofia dei lattanti), si prendono sei pezzi di foglia di ellébero bianco o nero, che usano chiamare "a radica d’u puurc’" (la radice del maiale), formano tre crocette e ne posano una dietro la nuca del paziente, l’altra sul bacino e l’altra sotto i piedi. Si precisa che l’elleboro bianco dicono che è femminile e va usato per i maschi, quello nero è maschile e va usato per le femmine. Dopo di che si dice:

"Fugg’ vient’ trist’ ca t’arriva u sang’ d’ Crist’, u sang’ d’ Crist’ t’è arrivat’ vient’ trist’ s’ nè scappat’, in nomi du Padre, du in Filiuol’ e d’ lu Spirit’ Sant’ scocchiacani nun và cchiù iìant’".

Segue un Credo ed un Padre nostro.
Per "u mal’ d’ ventr’" (colica addominale), tenendo la mano destra sulla pancia del paziente si dice:

"Sant’ Pietr’ da Roma vinìa, tutt’unnfus’ ca chiuvia, sopra a nu fase’ d’ sarament’ passa dulur’ d’ panz’ e. mal’ d’ ventre".

Segue un Padre nostro e un Credo.
Per far dormire bene i bambini la notte, mettendoli a letto, si dice:

"Crist’ è nat’, Crist’ è nat, da na Vergin’ è stato ncarnat’, Verbo d’ mar’ fate s’est, Verbo d’ mar fàtt’ m’est".

Segue un’Ave Maria, (l’orazione è piuttosto latineggiante).
Per le fratture si usa fare "a stuppata" (una specie di ingessatura) nel seguente modo: si incomincia col fare il segno di Croce, si recitano tre Padre nostro, tre Ave Maria e tre Gloria al Padre, si prepara sulla tavola della stoppa per quanto possa bastare a fasciare l’arto o la parte interessata; si sbatte uno o più albume d’uovo assieme ad un cucchiaino di farina ed uno di zucchero per ogni albume, quando il tutto diventa come una crema si spande sulla stoppa con la quale si copre e si fascia strettamente la parte ove la frattura, in precedenza lavata per bene con acqua calda e sapone. La "stoppata" riesce meglio se fra gli ingredienti anzidetti si sparge un pizzico di incenso, ma di quello che, in qualche modo, è stato possibile procurare in chiesa.

Mi è stato assicurato che le orazioni sopra riportate sono efficaci per gli stessi mali quando colpiscono gli animali.