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Vita quotidiana in paese

(Dalla Monografia di Damiano Pipino)

Quando i primi bagliori dell’alba appaiono all’orizzonte dietro i monti, il dolce ed eterno silenzio che avvolge il paese come in un incanto di fiaba, incomincia ad essere interrotto dal piacevole cinguettio degli uccelli, che aumenta con l’avanzare del giorno. Ad un certo punto, si trasforma in una vera melodia accompagnata dal rumore cadenzato degli zoccoli degli asini che fanno camminando sul selciato, mentre coi loro padroni, si avviano in campagna. Ad un tratto questa dolcezza mattutina viene come lacerata da ripetuti ed acuti suoni di trombe: è il "postale" (autobus), che dalla piazza principale sta per partire per lo scalo ferroviario. I viaggiatori, sempre pochi, si affrettano per non perdere "il postale" e con questo partono e non inosservati. Si, perché in piazza c’è sempre qualcuno che si è alzato di buon ora appunto per osservare chi parte, chi arriva, e ed ogni altro movimento ancor più insignificante che rompe la monotonia della vita paesana.
Poco dopo si ode la campana della Chiesa parrocchiale che suona il Mattutino e, poco più tardi, per chiamare i fedeli alla Messa quotidiana. Così si incomincia a vedere un certo movimento: gente che va in chiesa, maestri ed alunni che vanno a scuola, artigiani che aprono le loro botteghe e attendono al loro lavoro, donne che vanno a fare la spesa e, spesso, con una certa premura perché il banditore, dopo aver suonato per le vie la sua vecchia trombetta stonata, ha annunziato "E’ arrivat’ u furastiar’ e a purtat’ patan’, cipoll’, virdura o frutta, a u mont’", (è arrivato un forestiero ed ha portato patate, cipolle, verdura e frutta, al monte - luogo di vendita).
La giornata poi passa tranquilla anzi monotona come sempre. Verso l’imbrunire incomincia il riflusso dei contadini che coi loro asini, maiali e capre risalgono gli accidentati sentieri a zig zag, che dalla, campagna a valle portano al paese. Gli uomini, maggiormente spossati dal lavoro del giorno, si lasciano tirare dal proprio mulo o asino, tenendo di questo l’estremità della coda avvolta in una mano. In groppa all’animale vanno le donne, non meno stanche, ed i bambini, parecchi di solito, che assieme alle madri formano dei veri grappoli umani.
Man mano che giungono alle loro case vi si rinchiudono dentro come in un mondo misterioso, per uscirne l’indomani mattina presto e ritornare nei campi al solito lavoro.
Nel frattempo si vede passeggiare lungo il "corso" qualche "aristocratico" ben disposto a rispondere con compiaciuta prontezza, all’umile e fiacco saluto che gli rivolgono i contadini.
Più tardi si vedono anche i contadini uomini per il corso, ma solo per entrare in uno dei bar (tre in tutto), dove si incontrano con gli amici e dove giuocano a "patrun’ e sutt’" (una specie di sorteggio fatto con le carte da giuoco che decide chi di loro deve disporre, in qualità di "padrone" il primo e "sottopadrone" il secondo, del’ boccale di vino che pagano in parti uguali i compartecipanti. Dopo dì che i due eletti, con un interminabile giro di parole, mediante il quale si "cantan’ ‘a carogna" - esprimono piccoli rancori dovuti a futili motivi - decidono chi deve bere il vino, tenendo ben presente di "fare olmo" qualcuno, cioè lasciare qualcuno dei compartecipanti a bocca asciutta).
Così facendo, quand’è l’ora della chiusura sono tutti più o meno brilli ed escono all’aperto e tornando a casa si accompagnano a vicenda senza molestare nessuno.
Questa libertà notturna dei contadini uomini è una specie di privilegio riconosciuto necessario dai familiari e dagli stessi accordato e pazientemente sopportato.